Progetti

Missione Riabilitazione senza frontiere Djibouti

La compagnia Ethiopian la notte tra il 7 e 8 aprile 2010 ha portato a Djibouti, con scalo ad Addis Abeba, una delegazione italiana di 15 persone. Alcune di esse partecipavano alla giornata di Studio Da Marsiglia a Djibouti organizzata per il 12 aprile, e un’équipe costituita da una fisiatra, una neuropsichiatria, una terapista, un’insegnante, una piscopedagogista e un’assistente dava avvio al progetto Riabilitazione senza frontiere, programmato dall’Associazione Mediterraneo senza handicap e finalizzato a avviare un intervento a favore di bambini e giovani disabili nelle cittadine di Ali Sabieh, Arta a cui si sono aggiunte Tadjourah e Obock.

A) La giornata di sensibilizzazione, che ha portato a Djibouti nel faraonico hotel Kempinski, una cattedrale di lusso in un deserto di povertà economica e culturale, rappresentanti dei governi dei paesi limitrofi, ambasciatori, e i responsabili delle poche Associazioni che ivi esistono, è stato un buon modello di intervento per sollecitare azioni ed emozioni positive a favore di progettualità per la prevenzione della disabilità e dell’handicap.

B) Durante i lavori è stato presentato il progetto Riabilitazione senza frontiere, sostenuto dalla Fondazione Roma Mediterraneo (per quanto riguarda Ali Sabieh e Arta), dai Soci di Mediterraneo senza handicap, in modo particolare dall’Istituto Serafico di Assisi, Leonarda Vaccari di Roma, dalla Congregazione femminile dell’Opera don Guanella, dall’Associazione Oasi Federico e Ciao Fra, dal Comune di Parma.
In molti si chiederanno perché l’esordio proprio in questa terra. Infatti pochi, anche se viaggiatori abituali, saprebbero di getto rispondere alla domanda:”dov’è Djibouti?”
Una terra bassopiano con colline bassissime, di un colore giallo e rossastro, chiazzate ogni tanto da macchie nere di roccia vulcanica, il clima è torrido e umido e l’acqua del mare in città è inquinata; per trovarla limpida bisogna fare dei chilometri ed allora si gode di angoli primitivi mozzafiato dove a fare da lido balneare c’è qualche ombrellone tipico, anch’esso in solitudine e s’incrociano caratteristiche carovane di cammelli che prelevano il sale: ne abbiamo vista una vicino al Lac Assal!

C) In questa terra ovunque lo sguardo giri trovi persone bisognose, gli ultimi degli ultimi sono proprio quelli che la sorte ha segnato con qualche privazione: qui si che “disabilità” si confonde con “handicap” e non ha gran senso distinguere i due termini.
Qui abita gente a volte fin troppo rassegnata ad una condizione di vita umile e deprivata. Quando si entra in queste nude dimore che pur avendo nulla di confortevole per noi occidentali sono di fatto il loro spazio più vitale, ci si dimentica delle proprie sofferenze e si capisce che urge imparare non tanto una lingua ma i linguaggi di questi fratelli che implorano rimanendo muti di essere amati e di prenderci cura di loro.

D) Qui la carità e la lungimiranza del vescovo Giorgio Bertin, francescano minore, hanno voluto che si provasse a partire dalla valorizzazione dei più disperati per dare senso e dignità e cittadinanza anche a tutti gli altri.
La testimonianza dell’amore in questo luogo è fatto di piccoli gesti e soprattutto di uno sguardo prolungato in cui gli occhi dell’uno non vorrebbero mai lasciare quelli dell’altro.